Dalla crescita del Pil all’immigrazione: le promesse fallite e il prezzo dell’addio all’Unione europea
La Brexit è una «specie di laccio emostatico, che limita il flusso arterioso di beni e servizi attraverso la Manica e rende il Regno Unito meno attraente per gli investitori internazionali che in precedenza lo consideravano come la porta d’ingresso per gli affari in Europa». L’immagine usata dal giornalista del Financial Times Peter Foster nel libro Brexit. L'inganno e i rimedi (Post Editori) rende bene l’idea di quale sia l’impatto dell’uscita dall’Unione europea e soprattutto di chi stia pagando il prezzo più alto tra le due parti.
La perdita di Pil e il costo per le famiglie
Secondo le proiezioni della Bank of England nell’arco di 15 anni la Brexit potrebbe costare al Regno Unito il 3,25% del Pil. Secondo la London School of Economics la riduzione degli scambi commerciali e il calo della produttività potrebbero portare a una contrazione del Pil tra il 6,3% e il 9,5%, a seconda delle politiche che verranno messe in atto. Se così fosse vorrebbe dire che il costo sarebbe di circa 4.200-6.400 sterline per famiglia britannica. Altro che «riprendiamoci il controllo», come diceva lo slogan lanciato da Dominic Cummings, allora consigliere capo di Boris Johnson, che prometteva ai britannici di diventare padroni del loro destino buttandosi a capofitto nella Brexit. Promessa che si è rivelata un’illusione.
L’analisi dell’«Independent»
Ora, a distanza di 5 anni dall’addio all’Ue, a mettere in fila i numeri che compongono il conto salato della Brexit è un approfondimento dell’Independent.La perdita in termini di produzione è di 100 miliardi di sterline l'anno. Il solo accordo siglato tra Londra e Bruxelles dopo l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea, senza tener conto di tutte le conseguenze, è costato a Londra 30,2 miliardi di sterline. E ancora, in un solo anno, nel 2022, le esportazioni di beni dal Regno Unito sono diminuite di 27 miliardi di sterline.
L’impatto sulle aziende
Sul fronte commerciale l’accordo di commercio e cooperazione tra Unione europea e Regno Unito ha portato a un calo delle esportazioni di beni del Regno Unito (esclusi i servizi) in tutto il mondo del 6,4%, ricorda l’Independent uno studio del Centre for Economic Performance della London School of Economics. «Alcune aziende - spiega Peter Foster nel suo libro - hanno rinunciato del tutto a vendere in Europa. Ma molte di quelle che hanno tenuto duro, come Hampstead Tea, che produce tè biologici di alta gamma, hanno capito che l’unico modo per sopravvivere era spostare le reti di distribuzione nei Paesi Bassi».
Le conseguenze sui servizi
Il problema non riguarda solo il commercio di beni, ma anche quello di servizi su cui il Regno Unito è particolarmente forte, a partire da quelli finanziari. Dopo la Brexit forse sarebbe più corretto dire era. L’accordo commerciale Ue-Regno Unito infatti contiene oltre 1.000 restrizioni diverse al commercio transfrontaliero di servizi. E, considerando che l’Europa è il partner commerciale più importante per Londra, questo ha ricadute pesanti.
Immigrazione: un’altra promessa fallita
Tra le promesse di Boris Johnson c’era quella di ridurre l’immigrazione grazie a un maggior controllo dei confini nazionali che la Brexit avrebbe dovuto garantire. Anche in questo caso parliamo di promesse fallite, come evidenzia l’analisi dell’Independent. La migrazione netta e l'immigrazione, infatti, sono aumentate vertiginosamente dopo l’addio all’Ue. Secondo le stime almeno 3,6 milioni di immigrati sono entrati nel Regno Unito dopo la Brexit (tra giugno 2021 e giugno 2024, ultimi dati disponibili); con una migrazione netta di 2,3 milioni. E, se è vero che con l’entrata in vigore delle nuove regole, i cittadini dell'Ue che hanno lasciato il Regno Unito sono più di quelli che hanno scelto di spostarsi Oltremanica, l’immigrazione da Paesi terzi invece è in crescita.
Servizio sanitario: dei «350 milioni a settimana» non c’è traccia
Secondo la propaganda dei promotori della Brexit, il Regno Unito con l’addio all’Ue avrebbe avuto a disposizione 350 milioni di sterline a settimana in più da destinare Servizio sanitario nazionale. Escludendo i finanziamenti di emergenza dovuti al Covid, il bilancio nel 2020/21 e nel 2021/22 è aumentato di poco. A partire dall'anno fiscale 2022/23, c’è stato un balzo da 162,3 miliardi di sterline a 185,4 miliardi. Tuttavia se si escludono le spese aggiuntive per la pandemia, il bilancio era inferiore a quello dell’anno precedente.
di Valentina Iorio