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Innovazione, export, banche e coop. L'Emilia è un modello difficile da replicare

Prima era il triangolo Milano-Torino-Genova. Poi con la crisi della grande industria il motore della crescita si è spostato a Est con il boom del Triveneneto. La globalizzazione ha messo in crisi (relativa) anche quello e a emergere è stato il "modello Emilia". Con i suoi oltre 70 miliardi di export annui è la seconda regione dopo la Lombardi a e prima del Veneto, è la prima per export pro capite, per occupazione femminile, per innovazione. I settori sono meccanica e alimentare, meccatronica, farmaceutica, biomedicale, tessile abbigliamento, e poi c'è il turismo, ci sono l'attrattività delle sue università e del suo sistema sanitario.


Gli ingredienti del successo sono molti, buone imprese, buona amministrazione, buone scuole e università, un sistema bancario con Credem, Biper e Crédit Agricole, una grande assicurazione come il gruppo Unipol, un forte sistema cooperativo e un forte terzo settore, un sistema di reti. Il successo ne fa un modello, le sue caratteristiche però lo rendono difficile da replicare soprattutto per un ingrediente prezioso quanto raro nel nostro Paese: l'abitudine diffusa e la propensione a collaborare.


di Marco Panara

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