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Modello Emilia fra tradizione e innovazione

C’è l’alta qualità dei suoi prodotti, sempre connessa all’alta formazione, alla base del cosiddetto «Modello Emilia», ma anche una lunga serie di fattori come le capacità e le sensibilità dei singoli imprenditori, il dialogo con le istituzioni a partire dall’università, la capacità di collaborare e di considerare il «capitale umano», la disponibilità ad aprirsi oltre i confini locali: tutti elementi che contraddistinguono l’economia del nostro territorio e le sue eccellenze. Di questi aspetti economici, sociali e culturali, fondati su tradizione e innovazione, si è parlato ieri alla presentazione del libro «Modello Emilia. Imprese innovative e spirito di comunità» (Post Editori) di Franco Mosconi, docente di Economia e politica industriale all’Università di Parma, in un’aula del polo didattico di via Kennedy gremita di autorità e studenti. Al centro dell’indagine il segreto del successo di un territorio unico in Italia. Non un volume celebrativo, ma un testo di riflessioni intorno a una realtà indiscutibilmente leader, a livello internazionale riconosciuta.


Hanno portato i saluti iniziali il rettore dell’Università di Parma Paolo Andrei, che si è soffermato sul valore del fare squadra, il direttore del dipartimento di Scienze economiche e aziendali Mario Menegatti, Filiberto Zovico, fondatore di ItalyPost, e Claudio Rinaldi, direttore della «Gazzetta».


«Il Modello Emilia nasce dal basso, è difficile da imitare, fatto da imprenditori dinamici che non cercano il potere a tutti i costi – ha introdotto la presentazione in video collegamento Vera Zamagni, che, con il marito Stefano, ha firmato la prefazione del libro -. Mosconi cerca di descriverlo e di identificarne le cause». Riassume alcune delle variabili vincenti, la relatrice: la diversificazione delle imprese sul territorio, la qualità dei prodotti e della forza lavoro, la presenza di istituzioni pronte alla collaborazione e al dialogo, la tradizione di cooperazione e la presenza di famiglie imprenditoriali che amano affrontare le sfide. «La situazione felice dell’economia emiliana e romagnola però – aggiunge – può ancora migliorare».


Si scalda il clima quando la parola passa ai due testimoni diretti di questo modello secondo cui fare impresa significa non solo fare utili, ma anche «restituirne» una parte alla comunità e al territorio: Giampaolo Dallara e Guido Barilla. Intervistati da Rita Querzè, giornalista del «Corriere della Sera», sia il fondatore della Dallara Group, sia il presidente del Gruppo Barilla riconoscono il valore aggiunto che viene dal contesto in cui si sono trovati a vivere e operare. «Altro che se ha contato essere in Emilia – ha detto Dallara -. Qui c’è un’osmosi di persone e conoscenze di cui tutti hanno goduto e di cui tutta l’economia emiliana si è avvalsa e si avvale. Ancora prima che nascessero le grandi aziende dell’automotive, qui c’era un mondo fatto di aziende specializzate nella componentistica, un insieme di conoscenze preziose e uniche».


Diverso il settore del cibo, ma anche qui il connubio tra innovazione e tradizione fa la differenza. «E’ fondamentale la tecnologia così come basarsi sempre sulla competenza, che si forma in decenni e decenni di lavoro. Essere emiliani è un vantaggio perché è difficile trovare altri luoghi con una tradizione del food come la nostra» ha aggiunto Barilla, che ha parlato anche dell’importanza del ruolo svolto da un’azienda leader come la Barilla (per esempio, per gli investimenti nella ricerca e per le trattative sul prezzo del grano).


E in questo mondo che cambia molto più velocemente che in passato l’imprenditore contemporaneo, sempre pronto a puntare sulla ricerca, non può farsi spaventare dalle nuove sfide: «Se è vero che muoversi troppo in fretta è un rischio – ha detto ancora Barilla -, anche farlo troppo lentamente lo è».


Tante piccole e grandi rivoluzioni in arrivo: «Siamo pronti – ha garantito Dallara -. Anche perché gli atenei preparano bene i ricercatori di domani».


I successi di questa terra sono dunque sotto gli occhi di tutti. Ora la sfida, oltre che restare al passo con i tempi, è andare avanti. «Dobbiamo puntare su un’economia giusta – ha chiosato Mosconi, citando Edmondo Berselli, in chiusura dell’incontro -, dove efficienza ed equità vanno insieme. Anche in Emilia si può e si deve migliorare. Ci sono eccellenze ma anche disuguaglianze, un grande problema di calo demografico e poi abituarsi ad essere i primi della classe può essere pericoloso».

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